Territorio

Territorio

Il territorio dell’Alto Casertano abbraccia le tre comunità montane della provincia di Caserta: la Comunità Montana del Matese, del Monte Maggiore e di Monte Santa Croce. Con i suoi attuali 48 comuni, segna assieme alle catene del Matese, del Montemaggiore e con il Comune di Roccamonfina, il confine nord della regione Campania.

La zona, attraversata dal fiume Volturno, è un piacevole alternarsi di montagne e colline.

La varietà paesaggistica ed il clima salubre e “frizzante” rendono l’Alto Casertano un’ incontaminata località di interesse turistico ambientale, naturalistico e archeologico.

Scoprire questa terra vuol dire scoprire antichissime origini e una ricchezza inestimabile di storia e folklore, fascino e suggestione.

Al visitatore il gusto di immergersi, tra ambientazioni storiche e paesaggistiche, alla scoperta di itinerari, antiche città, borghi e castelli medioevali, monasteri, ma anche grotte e strade risalenti all’età romanica e sannitica, e a volte addirittura neolitica.

Area Geografica
Comuni
Prodotti tipici
Artigianato

Area Geografica di Intervento

Prodotti tipici

L’Alto Casertano è la terra del gusto e del sapore. Una zona di consolidata tradizione rurale che custodisce una varietà straordinaria di produzioni tipiche agroalimentari ed enologiche ma anche di antiche ricette rurali della gastronomia locale.

Tra i prodotti tipici di eccellenza spiccano la castagna di Roccamonfina, le ciliegie, l’olio extravergine di oliva delle colline matesine e caiatine, i formaggi pecorino e caciocavallo, le diverse varietà di vitigni che hanno dato origine a vini come il Pallagrello, conosciuto fin dall’epoca romana.

Il Pecorino dell'Alto Casertano

Un formaggio di tradizione secolare della zona collinare del Matese, che ha saputo conservare la genuinità della materia prima: il latte proviene esclusivamente da pecore allevate a pascolo naturale. È il pecorino dell’Alto Casertano, formaggio dalla caratteristica crosta dura, rigata e di colore nocciola, che si può degustare in diverse versioni, dal fresco allo stagionato (da 20 giorni a 1 anno), dall’aromatizzato al sott’olio. Particolarmente apprezzato il pecorino di Laticauda, preparato con il latte di razze autoctone delle zone di Avellino, Benevento e Caserta, un incrocio tra la pecora appenninica e quella barbaresca di origine del Nord Africa, così chiamata per via della coda larga e adiposa (dal latino latis cauda, “coda larga”). Famoso già alla fine del XIV secolo per gli spiccati sentori di erbe spontanee e trifoglio ladino, grazie alle immutate metodologie di preparazione il pecorino di Laticauda conserva intatte ancora oggi le sue qualità organolettiche: profumo caratteristico, sapore aromatico leggermente piccante che varia d’intensità a seconda della stagionatura, consistenza dura, a tratti farinosa, grana fine. Il suo colore varia dal giallo paglierino al giallo brillante, in relazione al tenore di grassi, mentre la pezzatura va dai 300 gr. per il formaggio fresco, fino a circa 5.5 kg.

Il "Pata negra" dell'Alto Casertano

Autentica risorsa per i contadini del territorio fin dall’antichità, il maiale nero casertano, cugino dei più fortunati cinta senese e maiale iberico, è una specie autoctona dalle caratteristiche uniche: l’abbondante tessuto adiposo che lo ricopre rende le carni tenere, compatte e saporite, in grado di competere con i più pregiati salumi nostrani ed esteri. D’altra parte, all’altissima qualità della carni si contrappongono rese piuttosto basse e produzioni limitate, che generano alti costi d’allevamento. Particolarità che in passato ha penalizzato fortemente il maiale nero al punto di portarlo alla quasi estinzione, ma che più di recente alcuni piccoli allevatori locali hanno saputo valorizzare al meglio, ottenendo nel 2001 il riconoscimento dal Ministero delle Politiche Agricole, con un programma di selezione e recupero della razza. Da questi animali, allevati allo stato semibrado nelle quercete, si ottengono lardo e carni di assoluto pregio, da trasformare in salsicce, soppressate, capocolli, coppe, salami e prosciutti. Prodotti d’eccellenza una volta introvabili, perché destinati esclusivamente ad uso familiare, oggi finalmente alla portata dei buongustai e degli intenditori.

La Castagna tempestiva

La “castagna tempestiva di Roccamonfina” è tra le prime varietà di castagna a maturare nel territorio della Penisola ed è tutelata a livello comunitario dalla “IGP Tempestiva Monte S. Croce”. Secondo la leggenda, il primo albero di castagno di questa varietà fu piantato agli inizi del 400 dal San Bernardino da Siena, fondatore del Santuario della Madonna dei Lattani. Il frutto regolare è regolare e di media dimensione, il colore marrone scuro con striature poco evidenti. La tempestiva predilige territori vulcanici ed è la più diffusa tra le varietà coltivate nella provincia di Caserta (lucida, napoletana e tardiva). La raccolta, che inizia già i primi di settembre, è destinata soprattutto alla vendita sfusa, alla produzione locale (liquore alle castagne, caldarroste sciroppate, crema di castagne) e all’esportazione verso il Centro-nord e all’estero. Ogni anno nel territorio di Roccamonfina si producono circa 80.000 quintali di castagne di differenti varietà, destinate anche ai mercati internazionali.

Il Caciocavallo

E’ uno dei prodotti simbolo dell’Alto Casertano. Viene prodotto nella fascia collinare e montana del Matese, esclusivamente con latte vaccino da razza bruna alpina e podalica, alimentate a pascolo brado.

La pasta viene lavorata a mano sino ad ottenere la classica forma a pera; dopo essere stata posto per circa 18 ore in acqua e sale e appeso per l’asciugatura, viene stagionato per circa 4 mesi.

Vino Pallagrello

Un vino strutturato e corposo, originale nei suoi profumi. Ideale abbinarlo a piatti della tradizione gastronomica contadina o come vino di meditazione da degustare in ampi bicchieri.

Caratteristiche
Si tratta di una delle poche uve a bacca sia rossa che bianca, come la malvasia ed è, in ordine di tempo, l`ultima riscoperta vitivinicola della Campania che ha avuto un significativo riflesso commerciale.


Storia
Fra i vini dell’antichità primeggiava il Pallagrello, in particolare quello estratto dalle uve del Monticello protette dal Re Ferdinando IV di Borbone, perché consumate alla mensa reale. Che il Re amasse tanto il Pallagrello è dimostrato da una lapide del 1775 nel fondo Monticello di Piedimonte Matese. Fino a poco tempo il Pallagrello fa veniva scambiato con un altro vitigno, il Coda di Volpe, e solo recenti studi ne hanno sancito la definitiva differenza. E` un vitigno vigoroso e di produzione abbondante, ha acini piccoli di elevato livello zuccherino e una acidità totale contenuta. In pianura non dà una grande resa, matura tra i 200 e i 300 metri. La vendemmia avviene nella seconda quindicina di settembre. Ha sentori di albicocca, pesca e ginestra. Nelle versioni passate in legno ha sentori di frutta esotica, miele di acacia, canditi, vaniglia, mandorle tostate.

Vino Coda di Volpe

Questo vitigno è diffuso in tutta la Campania, il suo nome deriva dal latino Cauda Vulpium per la sua forma caratteristica che ricorda appunto la coda della volpe Un’antichissima varietà campana a bacca bianca, citata da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia che è ormai da tempo in fase di rilancio per almeno tre motivi. Il primo è che, scoperta e lanciata in purezza all`inizio degli anni `90, è stata la reale alternativa bianca all`aumento dei prezzi che ha interessato altri vini campani negli ultimi anni. Il secondo motivo è nella sua tipicità, non è popolare come la Falanghina ma neanche alla moda come altri vitigni internazionali e chi la sceglie in genere sa bere e apprezza la sua caratterizzazione varietale decisamente inconfondibile. In terzo luogo perché riserva delle sorprese davvero significative.

Artigianato

Una forte tradizione storica contraddistingue l’artigianato in questi luoghi.

Numerosissime le lavorazioni artistiche:

  • le ceramiche di Alife, Pietramelara e a San Clemente di Galluccio;
  • la lavorazione del ferro battuto e del rame a Gioia Sannitica, Piedimonte Matese e Roccaromana;
  • l’arte del legno a Gioia Sannitica, San Potito Sannitico, Letino, Ailano e Pratella;
  • la lavorazione della pietra, ancora scalpellata a mano, di Gallo Matese e Letino;
  • i cestini in vimini di Letino e Raviscana, dove gli artigiani lavorano il vimini come una volta;
  • il tipico costume locale con ricami e pizzi fatti a mano dalle donne di Letino;
  • l’arte del ricamo e dell’uncinetto a Prata Sannita e Sant`Angelo d`Alife;
  • l’antica lavorazione a tombolo (un tipo di pizzo particolarmente elaborato, unico nel suo genere) tipica di Gallo Matese;
  • la lavorazione dei prodotti con la stramba, erba graminacea perenne e resistente.